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L'albero dalle mele d'oro

" These things are there. The garden and the tree
The serpent at its root, the fruit of gold (...)
At the old world's rim
In the Hesperidean grove, the fruit
glowed golden
on eternal boughs, and there
The dragon Ladon crisped his jewelled crest (...)
And dozed and waited through eternity
Until the tricksy hero, Herakles
Came to his dispossession and the theft.

Freya's walled garden, with its orchard green
With summery frothing leaves and bright with fruit (...)

The first men named this place and named the world.
They made the words for it: garden and tree
Dragon or snake and woman, grass and gold
And apples (...)
They mixed the names and made a metaphor
Or truth, or visible truth, apples of gold
The golden apples brought a rush of words (...)
The forest wove a fence of its dark boughs(...)
and made a sacred place
Where the gold globes of fruit, like minor suns
Shone in their shadowy caverns made of leaves
So all was more and more distinct, and all
Was intertwined and serpentining, and
Parts of one whole (...)"
(Randoph Henry Ash, The Garden of Proserpina, P. 463-4)

("Là tali cose sono. Il giardino e l'albero
il serpente alla radice, il frutto d'oro (...)
ai limiti del vecchio mondo,
nella selva d'Esperia, dorato
luccicava il frutto sui rami eterni,  e là
il drago Ladone corrugava l'ingioiellata cresta (...)
e sonnecchiava e aspettava per l'eternità Eracle,
l'astuto eroe, che Lui a spossessar venisse e al furto (...)

il giardino di Freia, col suo verde frutteto
ove fronde estive stormiscono e splendon frutti (...)

I primi uomini battezzarono questo luogo e il mondo.
Inventarono per essi le parole: giardino e albero
drago o serpente e donna, erba e oro e mele (...)
poi mischiarono i nomi e crearono una metafora
o verità, o verità tangibile, mele d'oro.
Le dorate mele portarono un fiume di parole (...)
la foresta intrecciò un recinto (...)
e creò un luogo sacro
ove le dorate sfere di frutta, quali soli minori
splendevano nelle ombrose caverne di fogliame,
così tutto si fece più distinto, e tutto
intrecciato e serpeggiante, parte di un Tutto.)
(Randoph Henry Ash, Il giardino di Proserpina, Poss.462-3)

     Nella poesia di Ash, Il giardino di Proserpina, tradizioni culturali lontane si mescolano a creare una complessa simbologia. La stessa immagine dell'albero dalle mele d'oro combina due mitologie diverse: quella greca  del giardino delle Esperidi, e quella nordica del giardino di Freia. Le mele d'oro a cui rimandano queste mitologie simboleggiano il frutto del'immortalità, della conoscenza e della magia, e diventano un tratto caratteristico dei paesaggi rasserenanti ed armonici; all'interno di questo romanzo assumono anche il valore simbolico specifico di parola poetica e verità.

     Le Esperidi, secondo la mitologia greca, sono divinità figlie di Notte che abitano al confine dell'occidente con l'Altro Mondo e che custodiscono l'albero dalle mele d'oro dell'immortalità e della fecondità. Questi valori sono presenti anche nella simbologia nordica del Frassino, principio unificatore dei mondi,  dei saperi e dei destini. Il legame con la tradizione nordica e germanica viene confermato anche dal riferimento alla mele d'oro del giardino di Freia. Frejia insieme al fratello Frejir, è una divinità del pantheon nordico e si caratterizza per le capacità magiche, per la conoscenza del destino degli uomini e del rapporto tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Le mele del suo giardino hanno il potere di mantenere giovani in eterno e di questi frutti si cibarono gli dei per arrivare fino al Ragnarok o "destino del potenze" e rigenerarsi purificati. L'inserimento della figura di Frejia nel giardino di Proserpina, sottolinea, quindi, il vitalismo e la simbiosi che nel mondo germanico si stabiliva tra le diverse parti del cosmo, e combinandosi con la simbologia legata al giardino delle Esperidi, evidenzia l'atteggiamento sintetico proprio del personaggio di Ash che combina armonicamente diverse tradizioni per creare una nuova e personale mitologia.

     L'originalità del simbolismo proposto da Ash consiste infatti nell' escludere il valore negativo che la tradizione cristiana, alla quale viene fatto riferimento tramite l'immagine dell'Eden, attribuiva alle mele. Ash infatti rifiuta la concezione ambivalente della conoscenza come scienza del Bene e scienza del Male e assume un atteggiamento positivo nei confronti del sapere la cui vitalità è rappresentata dalle mele d'oro, simbolo della parola poetica e della verità.

      Il valore unicamente positivo attribuito alle mele e ai frutti in generale trova conferma negli episodi che descrivono Roland nel suo appartamento di Putney. Se infatti all'inizio del romanzo l'incapacità di Roland di abbandonare una concezione passiva del sapere corrisponde alla proibizione di accedere al giardino di casa, alla fine del suo processo evolutivo, la "liberazione" di Roland e la sua apertura alla poesia trovano un corrispettivo simbolico nella possibilità che solo ora ha di accedere al giardino e di godere dei frutti che vi si trovano.

"He tought there was no reason why he should not go out into the garden. He went back through the basemen (t..). pulled open the forbidden bolts, against the grittiness of the rust... The night air came in, cold and damp and earthly, and the cats came out with him... He could see the espaliered peaches on the red bricks of the serpentining wall which had once bounded General Fairfax's Putney estate. He walked over and touched  the wall (...) Roland was not sure why he felt so happy (...) He walked along the path (...) to the end of the garden, where a couple of fruit trees obscured the view of the garden beyond" (P. 474)

(Roland) ("Pensò che non c'era ragione di non uscire in giardino. Ritornò nel seminterrato (...) tirò i chiavistelli proibiti, vincendo l'attrito della ruggine (...)L'aria notturna entrò fredda e umida e profumata di terra e i gatti uscirono con lui (...)poteva vedere i peschi coltivati a spalliera sui mattoni rossi del muro serpeggiante che un tempo aveva delimitato la proprietà del generale Fairfax (...) si avvicinò e toccò il muro (...)Roland non sapeva con certezza perché si sentisse così felice (...) seguì il sentiero (...)fino al limite del giardino, dove un paio di alberi d frutto impedivano la vista del giardino confinante" (Poss., pp. .472-3)

Gli alberi di mele (*) si ritrovano anche nei luoghi immaginari cui Sabine fa riferimento nel suo diario: che si tratti dell'isola di Sein o della città di Is, della Bretagna stessa o di Avallon, tutti questi spazi ai confini tra il  mondo razionale e il mito sono accumunati dalla stessa caratteristica presenza dei meli che quindi diventano per il romanzo un simbolo che unifica i diversi personaggi, epoche e tradizioni culturali.

     L'albero dalle mele d'oro si rivela quindi particolarmente importante sia per la sintesi tra diverse mitologie che la complessità del suo simbolismo presenta, sia per il suo valore universale che accomuna gli uomini di tutte le epoche nella ricerca di quella verità poetica e dell'immaginazione che le mele d'oro rappresentano.

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