I MODI DELL'ABITARE

Le ricerche svolte finora hanno mostrato che nella prima metà del IV secolo il fianco orientale di monte Bibele, noto col nome di Pianella di Monte Savino, fu occupato da un consistente villaggio formato da numerose case di pietra e che la sommità di Monte Tamburino fu utilizzata da un sepolcreto di cui sono state finora identificate ed esplorate circa settanta sepolture.

Che le strutture murarie rinvenute sulla pendice orientale di Monte Bibele, o Pianella di Monte Savino, corrispondano a quelle di un abitato di altura costruito dietro l'applicazione di un rigoroso piano regolatore è ormai un dato acquisito.

Sopra una superficie di circa settemila mq. in declivio da NW a SE, con una pendenza variante dal 10 al 30%, fu creata una decina di terrazzamenti artificiali che dal punto più basso risalivano la pendice del monte superando un dislivello di circa trenta metri.

Su ogni terrazzamento venne costruito un numero per ora non precisabile - ma variante da tra a sette - di abitazioni abbastanza uniformi tra loro per tipologia, struttura e superficie occupata (mediamente 24-30 mq.). I sassi e le lastre di arenarie vennero ricavati direttamente dalle pendici della montagna.

Se al momento riesce difficile definire nel dettaglio l'organizzazione spaziale dell'intero abitato, si possono sin da ora evidenziare alcune caratteristiche salienti, sottolineando innanzitutto il fatto che la costruzione dell'intero abitato dovette interessare una forza lavoro cospicua, ben organizzata e diretta.

1) Le case erano raggruppate in una sorta di "insulae" che appaiono delimitate da una rete di strade larghe da uno a due metri, e che si incrociano perpendicolarmente tra loro. Su tali strade si aprono gli accessi alle case, prevalentemente esposti a Sud ed a Est.

2) Non si è rilevata l'esistenza di canalette di scolo, bastando la presenza di strade e degli spioventi delle case per il deflusso delle acque piovane.

3) Per la copertura delle case, alcune delle quali conservano ancora muri alti da m.1,60 a m.1,80, non furono utilizzati nè tegoli o coppi di laterizio e neppure lastre di pietra, ma unicamente legname e strati di arbusti vegetali.

4) La sostanziale ristrettezza spaziale del.le case che non consentiva lo svolgimento di attività artigianali-produttive (come invece si verificava nelle vaste e ben diverse case di Marzabotto).

5) Non è stato possibile per ora evidenziare eventuali articolazioni dello spazio interno delle case; costantemente presente presso la parete più interna e lontana dall'ingresso era il focolare, ancora attestato da alari, da evidenti segni di combustione e da numerosi resti di carboni.

6) Alcune abitazioni mostrano segni di rifacimento o di ristruturazzioni; taluni muri coprono od attraversano strati di riempimento antecedenti e fosse di scarico che testimoniano l'uso lungo ed intenso del centro abitato.

7) L'intero villaggio era servito da una capiente cisterna per acqua che proprio con gli scavi dell'estate del 1983 si è potuta riconoscere di sicura origine sorgiva e che affiorava nel punto più basso dell'area abitata.

8) Nell'abitato si riconoscono aree di uso pubblico (le strade, la cisterna) ed aree private (le case), queste ultime più o meno equivalentisi per estensione e caratteri strutturali. Poco chiara risulta l'interpretazione di uno stretto e lungo corridoio che anticamente doveva avere una copertura comune con le case vicine.