Sia nel film che nel libro "Il Gattopardo" la morte è una presenza costante, che viene affrontata attraverso simbologie differenti. Nel film il sonoro e il visivo contribuiscono rendendo le immagini più esplicite di significato rispetto al libro. Abbiamo analizzato diverse scene collegandole agli stati d'animo del Principe: la inquietudine di fronte all'immagine della morte; il timore della vecchiaia; la presa di coscienza della sua prossima fine attraverso la sua immagine riflessa nello specchio; i suoi pensieri davanti al quadro di Greuze; la solitudine.
LA INQUIETUDINE: LA MORTE DEL SOLDATO
Nel film:
La scena nella quale il Principe, il personaggio che sente maggiormente
l'incombenza della morte, si trova per la prima volta di fronte ad essa
è quando, durante il rosario in casa Salina, gli giunge la notizia
del ritrovamento di un soldato ucciso nel suo giardino. Il corpo del ragazzo
ucciso è atteggiato con eleganza. Il principe prende la decisione
di recarsi a Palermo, quasi fuggendo infastidito.
Maggior peso ha l'episodio (in flashback) nel romanzo, dove, a seguito di
una descrizione lenta, forte e sensuale del giardino, il ritrovamento del
cadavere viene proposto con particolari di macabro e insistito realismo.
LA VECCHIAIA: CONVERSAZIONE NEL BAGNO
Nel film:
La seconda scena nella quale aleggia la presenza della morte è quella
della conversazione tra Don Fabrizio e padre Pirrone nel bagno del Principe.
Quest'ultimo reagisce alla "confessione" di padre Pirrone sui sentimenti
di Concetta, inizialmente con fastidio e insofferenza perchè sente
la vecchiaia vicina, poi domina i suoi sentimenti e reagisce con prudenza.
Dal romanzo: " Un uomo di quarantacinque anni può sentirsi ancora
giovane fino al momento in cui si accorge di avere dei figli in età
di amare. Il Principe si sentì invecchiato di colpo..." (pag.86)
Nel libro è il narratore a parlare, mentre nel film è il
Principe stesso.
LO SPECCHIO: RIFLESSI DI MORTE
Nel film:
In questa scena il Principe durante il ballo, dopo un giro fra le stanze
del palazzo, si guarda allo specchio e vede la sua immagine triste e in ombra.
Tra lui ed essa si frappongono in linea d'aria: un mazzo di fiori e una statuina
rappresentante due amanti abbracciati. Attraverso l'immagine della propria
dolorosa stanchezza riflessa nello specchio ne ha (e ne comunica) una più
lucida coscienza. Quando ormai il ballo sta per volgere alla fine,
il principe avvicinandosi ad uno specchio nella sala da bagno vede il suo
proprio volto rigarsi di lacrime.
.
IL QUADRO: IL CORTEGGIAMENTO DELLA MORTE
Nel film:
E' questo il momento culminante, la morte si mostra apertamente sia nelle
immagini che nelle parole di Don Fabrizio.Quest'ultimo si era recato
con la sua famiglia al ballo e qui, circa verso le due, aveva sentito il
bisogno di isolarsi anche fisicamente; così si era appartato nella
biblioteca. Entrato, si era messo a guardare un quadro, "La morte del giusto"
di Greuze. Poco dopo erano entrati anche Tancredi e Angelica e davanti a
loro aveva iniziato a parlare di morte. Ammirando quel quadro si chiedeva
se anche la sua morte sarebbe stata così. Sicuramente sì, nel
complesso, anche se con qualche particolare diverso: "biancheria meno
impeccabile, le figlie al suo capezzale ma con vesti più decenti di
quelle delle ragazze del quadro che sembravano addirittura essere loro il
soggetto e non il vegliardo che stava spirando nel letto". Quindi aveva
continuato parlando delle riparazioni necessarie da fare alla tomba di famiglia
di fronte al nipote ed ad Angelica che non comprendevano del tutto le sue
parole ed erano lì solo per domandare un ballo; Angelica desiderava
una mazurka, ma il Principe aveva deciso di concederle un valzer, meno
stancante.
Nel romanzo la scena è analoga: vi appare forse con più evidenza
la noncuranza assoluta dei due giovani che hanno una conoscenza della morte
puramente intellettuale: "La morte sì esisteva, senza dubbio, ma era
roba ad uso degli altri." (pag.268)
LA SOLITUDINE: LA FINE DEL BALLO E IL RITORNO A CASA
Nel film:
Finito il ballo il Principe decide di tornare a casa a piedi. Poco dopo passa
il Viatico; il principe si inginocchia assorto nei suoi pensieri di
morte e pronuncia la frase conclusiva dell'intera storia: "Stella, oh fedele
stella, quando ti deciderai a darmi un appuntamento meno effimero, lontano
da tutto nella tua regione di perenne certezza?"
Nel libro è il narratore che parla e descrive le sensazioni del
protagonista, più sottili rispetto al film, date le possibilità
della parola: "La verità era che voleva attingere un po' di conforto
guardando le stelle. Ve n'era ancora qualcuna proprio su, allo zenit. Come
sempre, il vederle lo rianimò, erano lontane, onnipotenti e nello
stesso tempo tanto docili ai suoi calcoli; proprio il contrario degli uomini,
troppo vicini sempre, deboli e pur tanto riottosi.". (pag.279) Il Principe
osserva Venere, la sua prediletta e più fedele poichè sempre
presente alle sue uscite mattutine, prima della caccia e anche ora, dopo
il ballo. Le ultime parole, non dell'intero romanzo, ma del capitolo V sono:
"Don Fabrizio sospirò. Quando si sarebbe decisa (Venere) a dargli
un appuntamento meno effimero; lontano dai torsoli e dal sangue nella propria
regione di perenne certezza?" (pag.279)